TATI ALMEIDA RACCONTA L'ARGENTINA DEI DESAPARECIDOS IN CADREGA
di Silvia Faletto Baciorda (Foto: Silvia Faletto Baciorda)
Ci sono persone che vale la pena di conoscere.
Storie che meritano di essere raccontate.
Forse non sono gli appuntamenti e gli eventi capaci di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica, eppure, nella loro semplicità, sono capaci di lasciare un segno in tutti noi, molto più delle notizie che ogni giorno leggiamo, ascoltiamo o vediamo.
Tati Almeida è una donna argentina che ha perso suo figlio Alejandro quando questo aveva 20 anni.
Detta così, è una storia triste, certo, ma simile a molte altre che tragicamente si consumano ogni giorno nella nostra società.
Solo andando in profondità scopriamo che suo figlio è uno dei 30.000 "desaparecidos" scomparsi in Argentina durante il regime militare di Vileda.
Persone catturate, torturate nei campi di prigionia e, infine, gettate vive giù dagli aerei per sfracellarsi al suolo. Sentendo parlare delle loro storie, tutti ci indignamo e ci rattristiamo, raramente ci appassioniamo e decidiamo di compiere azioni concrete.
Il punto è che non conosciamo il mondo in cui viviamo.
La maggior parte di noi non sa nulla delle madri di Plaza de Mayo, che fin dal 1977 hanno iniziato a marciare con le caratteristiche ronde davanti al palazzo del governo di Buenos Aires per chiedere verità e giustizia sui loro figli.
Qui in Italia, e credo in molti altri paesi, non abbiamo notizia del ruolo connivente dei vertici della Chiesa, che ancora adesso tace e non accetta di ascoltare queste madri.
Infine, l'Argentina è dipinta come un paese profondamente in crisi, con un governo che non riesce a dare reali opportunità alla propria popolazione e che non è per niente amato. Probabilmente, l'opposizione governativa al neoliberismo americano ed europeo ha giocato un ruolo importante nella visione internazionale dell'Argentina.
Spesso, tutti noi, pensiamo di avere il tempo infinito, e che ci siano altre persone che raccoglieranno la sfida di portare avanti la memoria delle vicende che ci vengono racccontate.
Abbiamo già molte cose da fare e pensare, noi giovani.
Anche Alejandro aveva molte cose da pensare e fare, eppure, come sua madre, credeva che portare avanti le proprie idee e testimonianza fosse il modo giusto per migliorare il mondo intorno a sè.
Se una donna di 80 anni ha trovato il tempo e la forza di attraversare l'oceano per venire a incontrarci, in un circolo ARCI piccolo e sconosciuto - Pier mi perdonerà -, perchè ritiene che tramandare la memoria e il confronto sia importante anche per fare sì che le ingiustizie sociali non siano più ovvie e all'ordine del giorno, è nostra responsabilità raccogliere la sua sfida e andare oltre l'oceano che divide i nostri mondi, per giungere al nocciolo e all'informazione reale sui fatti, per dire che non è giusto che i responsabili rimangano impuniti, che i loro nomi non si conoscano e che i desaparecidos vengano dimenticati.
Grazie Tati.
Il tuo impegno costituisce la speranza per un futuro migliore.
sfb
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